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Per gentile concessione di GIUSEPPE RUSSO - Scrittore e Ricercatore Storico

I  ROMANZI di Giuseppe RUSSO

-  I CADUTI di PIETRA

"I Caduti di Pietra" - Recensione di Maria Pace


Quando si vuol colpire qualcuno prima ancora che fisicamente, si attacca il suo Spirito e la Memoria. 
Così è per un Paese.
L’Anima di un Paese, la sua Coscienza, la Storia, la Memoria, sono custoditi nel suo Patrimonio culturale. Monumenti artistici, monumenti architettonici, Chiese, Palazzi, Musei.. contribuiscono ad una visione della Cultura di un Paese: Storia dell’Arte, Storia della Religione, Storia di costume… e l’ Italia è conosciuta per la singolare ricchezza del suo patrimonio culturale; il Sud in particolare, e per la sua particolare storia.
Nell’Antico Egitto, la “Memoria” , di una persona come di una città o dell’intero Paese, era una questione vitale : cancellare la memoria era come negarne, frantumarne l’esistenza e lo si faceva proprio con un rituale in cui si prevedeva la frantumazione di cocci di pietra su cui era scritto il nome della persona, della popolazione o del Paese che si voleva distruggere. 
Si frantumava il nemico.
Questo è stato fatto della memoria storica del nostro Paese e in particolare di una zona del nostro Paese, la Campania, durante l’ultmo conflitto mondiale. Questa è la denuncia coraggiosa , ma soprattutto circostanziata di questo straordinario libro:
I CADUTI di PIETRA.
I Caduti di un guerra non sono soltanto le persone, i soldati, la popolazione civile… i caduti sono anche i Monumenti, le Chiese, i Musei, gli Ospedali, i Conventi, le Scuole, le Caserme…. sono Pietre cadute della nostra Cultura; sono Pietre che narravano la nostra Storia e la nostra Memoria e che, con quell’atto di violenza tacquero per sempre. 
Quelle Pietre sono le rovine di luoghi distrutti, che la memoria dell’uomo non deve cancellare, ma conservare gelosamente. Quelle Pietre, di strade, palazzi, scuole, conventi , monumenti… conserveranno per sempre il ricordo e la memoria di ciò che erano ed hanno vissuto , ma vogliono essere “ascoltate”... se qualcuno c’è a raccontare e denunciare.
E questo libro è la denuncia della follia della guerra che uccide gli uomini e distrugge la loro Memoria; è il “Grido di dolore” di un uomo, Giuseppe RUSSO, Storico e Ricercatore, amante del suo Paese e nemico della guerra e della violenza, che chiede di essere ascoltato. 
“E’ la Storia di una Regione – dice l’autore – in cui cadde anche la Cultura… Una storia diversa. Vicina alla gente, ai fatti, alle tragedie di una guerra che deturpò e violentò con ferocia la nostra cultura, i nostri monumenti, le nostre tele, le nostre piazze, le nostre regge, ma anche le chiese, le madonne, i caffè, le ville comunali, e quindi le nostre azioni quotidiane... “
e ancora, spiega l’origine del titolo:
“ … perché – dice – è in questo contesto storico che ho considerato i beni culturali come "caduti di guerra", vittime reali del conflitto, proprio come i combattenti o gli inermi civili. Per questo motivo mi è sembrato particolarmente indicato coniare l'improprio termine di "caduti di pietra", un'espressione usata per evidenziare la perdita di "vite differenti e molto più longeve di quelle umane", vite fatte di pietre, colori, ferro, tele, marmi, ovvero di quell'insieme culturale che si può considerare uno dei pilastri dell'Umanità, un bene da tutelare e tramandare ai posteri per non cancellare ciò che ci rende realmente esseri umani: la nostra storia...» 
Nel secondo conflitto mondiale, la Campania fu stretta nella morsa della guerra, degli eventi e degli eserciti e fu usata come esempio per abbattere con la paura il resto del nostro Paese”
Usata da chi?
Dagli eserciti sconfitti in fuga, ma anche da quelli vittoriosi d’occupazione.
“Fango e Cenere” era stato battezzato il Piano di fuga degli sconfitti, secondo la strategia della “Terra bruciata”, cara alla tradizione tedesca, che vide la vendetta nazista devastare, appiccare incendi, distruggere con meticolosità tutta teutonica.
“Delitto contro lo civiltà” lo definisce l’autore, che non è meno severo, nella sua grande imparzialità, nei confronti dei vittoriosi che da “Esercito di Liberazione” si trasformò in “Esercito di Occupazione” con soprusi e stupri sulla popolazione e con le “violenze culturali” così le chiama, lo scempio, cioè perpetrato sul patrimonio culturale del Paese assoggettato: disinteresse, danneggiamenti e furti.
“Delitti contro la civiltà” erano i bombardamenti a tappeto, causa della distruzione o del danneggiamento del porto, dell’aeroporto, di edifici pubblici e privati, di funicolari, tram, autobus… di ospedali, chiese… 
Una storia diversa dalle altre, dunque, quella narrata in questo libro, ma da non dimenticare. Una storia scritta sotto la spinta dell’amore per il bello, per l'arte e per le tradizioni locali e nazionali. Una storia scritta con competenza, lucidità, esattezza d’espressione, ma soprattutto con un punto di vista diverso: non quello dell’uomo e del combattente, ma quello del patrimonio culturale e delle tradizioni locali, ossia, il punto di vista della Memoria. 
Un libro scritto col cuore, oltre che con la mente e per questo, capace di esprimere con totale chiarezza e senza equivoci, anche il pensiero o l’opinione più difficile.

 

 

 

 

 

 

 

Per gentile concessione di GABRIELLA DE ARCANGELIS - SCRITTRICE E RICERCATRICE CULTURALE

I ROMANZI di  GABRIELLA DE ARCANGELIS

TITOLI

- 01

- IL FARO E LA LAMPADINA

- CAMPO di GRANO

- CROCIERA

- DREAMS' HOTEL

- NUOVA VITA

- MISSIONE GIAPPONE

-  PUZZLE

- VILLASTELLO

- HELP ME

- CAPO INDIANO

- UN'AVVENTURA IN KENIA

- UNA MAPPA

- UN CASO DIPLOMATICO

 - SOLO UNA LEGGENDA

-  IL DISEGNO ETRUSCO

- LA NINFA DEI BOSCHI

- ANTENATI VICHINGHI

- II RANCH

- I SOTTERRANEI DI ALBEROBELLO

- I FILONE D'ORO

  - L'ANFORA ROMANA

- REGALO DI NATALE

- AMAZZONIA: LA VALLE PROIBITA

- MCHU PICCHU: L'ALIENO

- LA DUCHESSA DI OZIMA

- LA LEGGENDA DELL'ULIVO

- nota: in cantiere un nuovo lavoro ambientato nelle isole Ebridi, Scozia, oppure, sempre in Scozia, nelle Highland.

T'AMERO' VENEZIA

 

 

 

 

 

T'amerò Venzia, scintillante nel sole.

T'amerò Venezia, camminerò per le tue calli e t'amerò Venezia.

Mi fermerò sui tuoi ponti,

dall'alto vedrò la fascia argentea che ti cinge e t'amerò Venezia.

Sentirò il tubare dei tuoi piccioni,

il tocco dei tuoi mori e t'amerò Venezia.

Ti lascerò, ti dirò addio, ma nel ricordo t'amerò Venezia.

BRANI TRATTI da alcuni LIBRI di Gabriella DE ARCANGELIS

AMAZZONIA: la valle proibita

CAP.  I

 

Amazzonia, secolo scorso : un uomo correva a perdifiato, incurante della vegetazione che si stringeva attorno a sé come volesse catturarlo. Aveva infranto un tabù e lo sapeva, ma voleva a tutti i costi salvare quello che aveva trovato. Ancora poca strada e sarebbe stato al sicuro, ancora poca strada … una freccia lo colpì. Il buio, il nulla …

Dublino, nostri giorni.

Miriam Murphy, ventiseienne giornalista fotografa del mensile “ Nature “, era più che contenta. L’ “ Albo D’Oro “ che usciva una volta all’anno, aveva avuto un clamoroso successo. Quella mattina, John Walsh, direttore del mensile, l’aveva convocata nel suo ufficio: le voleva assegnare il “tema” per il prossimo Albo D’Oro e, sicuramente, darle anche la sognata promozione a redattore capo. La donna entrò nell’ufficio del capo con un vassoio contenente due fumanti caffè e dei dolcetti. La sera precedente c’era stata festa per il successo dell’ottima riuscita dell’albo e John, strizzandole l’occhio, l’aveva convocata per quella mattina  <<Buon giorno capo, eccomi a tua disposizione. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere il caffè ed eccolo qui >>. John, 50 anni compiuti da pochissimo, la considerava un’ottima giornalista ed un ancora più ottima fotografa. Lui e sua moglie, Kate, l’adoravano << Eccola qui la mia preferita ! vieni, vieni Miriam … inutile che mi congratuli ancora con te … ecco, dentro questa busta c’è la tua nomina a redattore capo, te la sei proprio meritata >> << Ma grazie ! non me l’aspettavo, non ci pensavo … ah, ah, ah >> << Brutta bugiarda che non sei altro ! siediti e gustiamoci il caffè … uhm … anche i dolcetti ! senti Miriam … che impegni hai per i prossimi dodici mesi ? >> << Per i prossimi dodici mesi ? che significa ? mi debbo preoccupare ? >> << Preoccupare proprio no, ma … l’Albo D’Oro ha avuto il successo stratosferico che ha avuto, ma per quello del prossimo anno voglio ancora di più >> << Ancora di più ? ma non ti accontenti mai ? >> << Nel nostro mestiere non ci si può né accontentare né dormire sugli allori. E’ qui a Dublino un mio caro amico d’infanzia : Richard Lynch, alias Padre Richard. Sì, lui si è fatto prete>> << Non sapevo avessi un  amico prete. Il prossimo numero annuale lo vuoi sui preti nel terzo millennio ? >> << … uhm … sai che potrebbe essere una buona idea ? ma non è quella che ho avuto io. Richard, da dieci anni, è titolare di una missione ad una decina di chilometri da Manaus … la missione è nella foresta amazzonica … no ! aspetta, fammi andare avanti. >> John aprì sulla sua scrivania una cartina del Brasile << Ecco, vedi ? questa è la parte della foresta dove sta Richard e qui, a solo un chilometro da questa missione c’è quella che gli indigeni chiamano la valle proibita >> << Proibita ? perché e da chi ? >> << Richard mi ha spiegato che i villaggi degli autoctoni la considerano sacra, ci portano i ragazzi alla soglia del divenire uomini, guerrieri e le ragazze quando sono diventate donne, in grado di procreare. Il tutto avviene solo una volta nella loro vita, sia per le femmine che per i maschi e poi è proibita anche per loro. Ma c’è un’altra cosa. Sempre Richard mi ha raccontato una leggenda su quella valle : sembrerebbe che circa un secolo fa, un esploratore solitario, abbia voluto violare il tabù. Il suo corpo fu ritrovato dopo qualche mese dai missionari che in quel tempo lavoravano lì, ma … >> << Ma ? >> << Sempre sembrerebbe, e sottolineo sembrerebbe, che quel poveraccio avesse scoperto una specie di tesoro  >> << Addirittura ! scivoliamo nella caccia al tesoro ? >> << Beh, hai visto mai ? fotografa di qui, fotografa di là … resta il fatto che voglio, ripeto, voglio, che facciate un capolavoro >>  <<Facciate?>> <<  Inevitabilmente non sarai sola. Ho scelto il numero uno. Tu un Lui ed altri otto >> << E chi sarebbe questo Lui ? >> << L’ho già contattato, ci ho già parlato, ha già firmato >> << Ripeto, chi sarebbe questo “ già “ ? >> << Sono stato, anzi siamo stati fortunati. Ha appena finto un altro reportage ed aveva deciso di prendersi un, chiamiamolo, anno sabatico. L’ho fatto ricredere >> << Può essere che non mi esprimi bene ? chi, John, chi sarebbe ? >> << Non sarebbe … è …>> <<Oh, ma è così difficile ? e chi sarà mai ? >> << Lawrence Doyle >> << Che … che hai detto ? >> << Hai capito benissimo >> << Ma non puoi farmi questo ! tu John, sai … sai … >> << Sì lo so. Cinque anni fa hai chiuso una storia con lui, hai avuto un figlio e lui non lo sa, anche se Kate ed io ti abbiamo detto, in più occasioni, che non è giusto >> << Intanto non ho chiuso io, ma ha chiuso lui. Ha chiuso perché si era innamorato di una certa Lise. Sono appunto cinque anni che non lo vedo e non lo sento ed ora ? dovrò addirittura lavorarci insieme per un anno e per di più in Amazzonia ? ma dico, sei impazzito ? >> << E’ lavoro Miriam, nient’altro che lavoro e poi potrebbe essere l’occasione buona per dirgli del bambino >> << Questi sono affari miei ! sono stufa delle prediche tue, di Kate, di mia madre e di mia sorella!>>

MACHU PICCHU: L'ALIENO

CAPITOLO  I

 

MADRID.

A fine Maggio il tempo già annunciava l’estate. Belle giornate di sole mettevano ottimismo nella gente.

Alicia Ortega era entrata nel suo posto di lavoro con un sorriso a 32 denti. Ispettrice di assicurazioni da circa tre anni, lavorava per le Assicurazioni Riunite da circa 5. Proprio quel giorno era il suo compleanno, 29 anni. Quella sera avrebbe cenato con sua madre, Evita, suo fratello, Hernando, tre anni più di lei, sua cognata Trella e la sua amica da sempre e collega, Milagros Gomez. Niente di che, cena in famiglia, ma cosa c’è di meglio ? solo tre mesi prima, aveva interrotto la sua storia con un fidanzato, Xavier Ferrer, ma non lo rimpiangeva. In fondo era stata una storia banale, come tante e, come tante, finita. Ora si godeva la “ libertà riconquistata “, come lei stessa diceva. Come entrò nel suo ufficio, Milagros le venne incontro abbracciandola e baciandola affettuosamente << Auguri Alicia! Auguri e ancora auguri ! pronta per la cena di questa sera ? >> << Guarda che sarà una normalissima cena >> << Ma come ? io non ho fatto neanche colazione per preparare lo stomaco ! ci scommetto che tua madre starà già cucinando >> << Allora, per quanto riguarda la colazione ora ci prendiamo subito un buon caffè, per quanto riguarda mia madre non lo so. Questa mattina non l’ho neanche chiamata >> << Invece sai chi ti ha chiamato ? il direttore generale. Sei attesa da lui … subito >> << E che vuole da me ? >>

<< E che ne so, mica me lo ha detto … che hai combinato ? >> << Ma chi ? io ? non sono mai assente a parte le ferie, non sono mai in ritardo … che devo aver combinato>>  <<L’unico modo per saperlo è andare da lui. Si è raccomandato che te lo dicessi ed ha sottolineato la parola “ subito “. Vai, al caffè ci penseremo dopo.

Con un po’ d’ansia e tanta curiosità, Alicia si ritrovò davanti alla porta su cui una targa recitava pomposamente “ DIRETTORE GENERALE “. Venne ad aprire la segretaria, Sonja, una donna sofisticata in tutto, dal trucco all’abbigliamento, al modo di comportarsi, in una parola, antipatica. Fece accomodare Alicia nel salottino d’attesa ed avvisò il capo tramite interfono, poi le si rivolse con la voce che stillava ghiaccio ad ogni parola <<Prego, può entrare >>.

Juan Diaz, direttore generale della Assicurazioni Riunite, 60 anni portati alla grande, l’accolse molto cordialmente  <<Signora Ortega, prego, entri >> le andò incontro a mano tesa e strinse quella della donna con molto calore << Lo gradirebbe un caffè ? non della macchinetta, per carità, di quello buono. Io lo prenderei molto volentieri >> << Grazie direttore, sì >> Diaz aprì la porta e si rivolse a Sonja che, con aria scocciata, si alzò ed uscì << Mai un sorriso quella donna, però è in gamba, ma la prego, si segga pure … dunque, prima prendiamo il caffè e poi parliamo, che ne dice ? >> << Come preferisce direttore >> << Sì, preferisco. Vede Alicia, non mi piace essere interrotto mentre parlo di cose importanti, neanche se ad interrompermi è un caffè … allora, leggo dalla sua scheda che oggi è il suo compleanno, le faccio gli auguri e … >> prese un piccolo pacchetto che già era sulla scrivania e glielo porse << … posso darle questo piccolo regalo ? niente di che, per dirgliela tutta è uno dei nostri gadget, ma glielo offro con affetto se permette >>

Alicia prese il pacchettino e l’ansia crebbe. Pensò tra sé “ perché ? cosa ha da dirmi di così tragico da addolcirmi con un regalino “. Sonja entrò con un vassoio contenente un bricco di caffè fumante, due tazzine e vari tipi di zucchero, il direttore versò subito del caffè nelle tazzine e << Grazie Sonja, può andare e, per favore, non mi passi telefonate e non faccia entrare nessuno >> << Sì direttore >>. Juan Diaz non perse altro tempo << Allora Alicia … lei è giovane, non sposata, non ha figli, ma la cosa più importante è che è brava, se lo lasci dire. in tre anni che fa l’ispettrice presso di noi non c’è caso che le sia stato affidato che lei non abbia risolto al meglio >> << La ringrazio direttore, ma devo dire che ho avuto anche fortuna e poi erano casi semplici >> << Non esistono casi semplici Alicia, e la fortuna … è solo una componente, importante, ma inutile se non si è bravi e lei lo è, se lo lasci dire. Non indoro nessuna pillola, se è questo che sta pensando, sto solo dicendo quello che penso. Ma arriviamo al dunque. Come lei sa, da un paio d’anni la nostra compagnia ha allargato il suo raggio d’azione. Ormai abbiamo filiali non solo in Europa, ma anche oltre oceano … ecco, è qui che dobbiamo intervenire. Da una decina di mesi abbiamo dovuto far fronte a furti diciamo strani … in Perù, a Lima >> << A Lima ? >><<Sì, lì assistiamo diversi enti, fabbriche, negozi e, tra i negozi, dieci oreficerie. Proprio le oreficerie che, appunto da una decina di mesi, denunciano dei furti, la polizia locale brancola nel buio >> << Addirittura ? >> << I titolari denunciano furti … strani è dir poco. Innanzi tutto non c’è effrazione, poi chi ruba non ruba collane, bracciali anelli e quant’altro, ma solo ed esclusivamente piccoli lingotti d’oro. Le videocamere di sorveglianza esterne ed interne non riportano nulla, nulla di nulla. E, attenzione, non risultano interrotte e poi riattivate, nossignore, riprendono regolarmente … niente.>><<Ma come può essere ? >> << Bella domanda … ma questo è. Le videocamere sono state controllate e ricontrollate da specialisti del settore, ma non risultano minimamente manomesse. I gestori delle oreficerie sono fuori accusa. Se fossero stati loro avrebbero chiuso le video cosa che, ripeto, non è avvenuta. Sono stati messi guardiani notturni che non hanno riscontrato nulla, neanche quando il furto è comunque avvenuto >> << Può essere che non comprendo ? >> << Può essere e come, Alicia. Come ho detto la polizia locale non è riuscita a capacitarsi ed ha alzato le braccia. Lei si è arresa, ma noi paghiamo >> << Ma non abbiano filiali a Lima ? >> << No, tutto avviene on line e finora è tutto andato bene, cioè, fino a circa dieci mesi fa. Ma dobbiamo uscirne >> << Le oreficerie vendono anche piccoli lingotti d’oro ? >> << Ultimamente sì. E’ dilagata, e sta ancora dilagando, una moda a Lima. Lingottini d’oro. Si possono usare come si vuole : pendenti, ciondoli, orecchini, incastonati in anelli eccetera >> << E chi ruba, ruba solo quelli ? >>

<< Esattamente Alicia, solo ed esclusivamente quelli, tralasciando oggetti anche di valore molto maggiore. Ma fosse solo questo, come le ho detto non si vede nulla, tutto regolare, neanche forzata la cassaforte, niente >> << E noi come intendiamo muoverci ? >> << Con lei Alicia >> << Come scusi ? >> << Questo è un biglietto aereo Madrid/Lima, questo è il documento che attesta una prenotazione nel “ Incas Hotel “ sempre di Lima e questo è il contratto di noleggio di una macchina, agenzia autonolo presso l’aeroporto … ecco … questi sono i documenti. Il tutto senza termine, cioè, non me la sento di quantificare il tempo per cui si regoli lei. Per sei mesi è tutto pagato, ma se le servirà di più non dovrà far altro che dircelo e noi allungheremo >> << Ma … il che vuol dire che … io dovrò andare a Lima ? >> << Sì Alicia. Se c’è una persona che ha la probabilità di svelare l’arcano … beh, quella è lei >> << Direttore … io la ringrazio per la stima, ma … >> << E’ già deciso. Alicia lei partirà dopodomani mattina >> << Dopo… >> << Sì. Tenga presente di quanto ora le dirò : i mesi estivi vanno da Dicembre ad Aprile. In questi mesi la temperatura è di circa 21/28 °C. l’inverno va da Giugno a settembre, la temperatura va da 5 a 12/10 °C. i restanti mesi sono o primavera o autunno. La differenza oraria da Madrid sono di circa sei ore, esempio : se qui sono le 12 a Lima sono le 6 di mattina … mi sono documentato bene ?>> << Ma direttore io … >> << Non si preoccupi Alicia, se ci riuscirà, come credo, bene, ma se non ci riuscirà nessuno la metterà in croce, ma almeno avremo provato tutto … ah, dimenticavo, questo è l’elenco delle oreficerie da noi assistite. Vi troverà i nomi dei proprietari, gli indirizzi eccetera … domande ? >> Alicia era letteralmente inebetita. Se qualcuno, in quel momento, le avesse chiesto come si chiamasse … beh, avrebbe dovuto pensarci un po’. Juan Diaz prese quel silenzio come assenso, si alzò dalla sua poltrona, le tese nuovamente la mano e << Buon viaggio signora Ortega, mi tenga informato. Per lei ci sarò sempre >>

La famosa cena di compleanno e tutto il giorno successivo passarono su Alicia come un rullo compressore. Sembrava completamente annientata. La madre, suo fratello la sua migliore amica e la cognata sembravano a lei come quattro persone che si davano da fare, valige, bagagli e quant’altro, li guardava, li aiutava anche, ma come se tutto dovesse essere preparato per qualcun altro. Si ritrovò all’aeroporto, si ritrovò a salutarli tutti. Si ritrovò a promettere di farsi sentire, di collegarsi con la webcam … si ritrovò in volo … si ritrovò a Lima.
(continua)

Per gentile concessione del gen. Alfio Giuffrida scrittore

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IL CAMMINO della SPERANZA


Il Cammino della Speranza – La Premessa e i Protagonisti

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Dettagli
    Creato Mercoledì, 17 Settembre 2014 13:34
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Premessa

Alex ed Estella sono fidanzati, la loro unione potrebbe essere del tutto normale se non si inserisse fra loro Dolores, l’amica di infanzia di lei. A complicare le cose ci si mettono i Tupamaros, che a dicembre 1996, effettuano una azione terroristica a Lima, dove lavora Julien, il ragazzo di Dolores. Tuttavia, quell’anno, è il fenomeno del Niño che determina il corso degli eventi. Alex infatti è un meteorologo, che ottiene grande fama mondiale con lo studio di questo fenomeno, ma ne è vittima degli sconvolgimenti climatici, di cui esso è la causa. Tra conferenze ed azioni terroristiche, Alex si trova coinvolto in un intrigo politico internazionale e, quel che è peggio, legato sentimentalmente a Dolores più che ad Estella. Ormai la loro vita è distrutta, a causa degli eventi provocati dal Niño e dall’Ipocrisia degli uomini, che porta Dolores sull’orlo del suicidio. La sola Speranza è il Cammino di Santiago, che i due fidanzati promettono al Signore per .....

 

Il romanzo fa parte della corrente letteraria del VERISMO INTERATTIVO, che consiste nel porre, all’interno del testo, argomenti sociali e di attualità che i lettori possono discutere come protagonisti nel forum messo a disposizione sul web dall’Autore. I problemi introdotti sono molti: la bramosia dei ragazzi di lasciare l’ambiente rurale per la più movimentata vita di città. La differenza tra amore ed amicizia: fino a che punto possiamo fidarci di un’amica? Terrorismo, politica, si combattono veramente o è solo Ipocrisia? La generosità delle persone umili. Le riflessioni sulla fede: siamo noi i padroni della nostra vita?

Protagonisti

I veri protagonisti sono: l’Ipocrisia, la Speranza e ... il Niño!

 

Personaggi principali.

Estella è la figura più importante del romanzo: è matura, capace di amare e di perdonare. Razionale quando c’è da aiutare l’amica, generosa con gli altri, coraggiosa nell’affrontare la giungla selvaggia e i terroristi, pur di salvare l’uomo che ama. Eppure anche lei aveva perso la fiducia!

Alex, è lo scienziato, professionalmente maturo, ma debole in amore. Non sa opporsi a Dolores ma neanche essere trainante nel suo rapporto con Estella. Sicuramente è un buono, ma deve avere più carattere.

Dolores è la ragazza di provincia, spontanea, ha voglia di vivere, agisce di impulso, decide più col cuore che con la mente. Combatte con forza le contrarietà della vita e, di problemi, ne ha tanti. Ma alla fine si arrende davanti al Fato.

Etienne è un colosso! È in grado di manovrare la gente come vuole, è padrone del mondo. Sa anche amare, ma se ne accorge quando ormai ha perso le migliori occasioni per farlo. Sa essere generoso, ma per molti anni si è fatto distrarre dai piaceri effimeri e il Signore lo punisce facendo scontare al figlio gli errori che avrebbe dovuto scontare lui.

 

Personaggi secondari.

Julien è nato ricco di soldi, ma povero di affetti. Si è imposto di costruirsi una vita normale, con caparbietà. E c’è riuscito! Il destino gli aveva riservato una vita mediocre, ma il Fato gli ha tolto anche quella. 

Evita è la ragazza che vuole arrivare in alto, senza scrupoli! Aveva avuto fortuna, ma il suo carattere non è stato all’altezza di coltivarla.

Beppino, è il nonno che molti di noi hanno avuto. Paziente, riflessivo, in grado di capire i problemi dei nipoti a volte meglio dei genitori. Ma il nonno non può sostituire i genitori!

Consuelo è la madre all’antica, capace di fare un’ottima torta o far quadrare il bilancio di famiglia con pochi spicci. Però è incapace di sostenere la figlia quando ne ha bisogno.

Felipe è un lavoratore, ma è pigro e non ha idee. Non è abituato a pensare, se lo costringono a ragionare, fa solo del danno.
 

da  LEGGERE  ONLINE  NEW

 

PROGETTI CULTURALI del poliedrico ingegno dello scrittore ALFIO GIUFFRIDA

 

http://www.leggereonline.com/editoria/64-autori/412-alfio-giuffrida.html

 

 


mercoledì 19 marzo 2014
L’effetto serra e il deserto
L’energia di cui disponiamo sulla Terra proviene quasi totalmente dal Sole.
Poiché l'atmosfera esercita una funzione di schermo, non tutte le radiazioni che raggiungono il suo limite esterno riescono ad arrivare sulla superficie terrestre. In media, solo il 47% della radiazione globale viene assorbita dal suolo, costituendo la radiazione effettiva, mentre il restante 53% viene riflesso nello spazio. Se la Terra assorbisse tale radiazione senza riemetterla, la trasformerebbe subito in energia e la sua temperatura sarebbe in continuo aumento. In effetti, la Terra emette a sua volta energia sotto forma radiazione infrarossa, disperdendo completamente l’energia ricevuta dove il cielo è sereno e conservandola sulle regioni coperte da nubi. 


Possiamo capire meglio questa affermazione ricordando che a Tamanrasset, nel deserto algerino dove le nubi sono abbastanza rare, le temperature (di febbraio) variano mediamente tra 6 °C e 22 °C, con una escursione di 16 gradi, mentre a Manaus, nel cuore della foresta amazzonica dove la presenza di nubi è pressappoco costante, nello stesso periodo variano tra 23 °C e 30°C, con una escursione di appena 7 gradi. Questi, come abbiamo detto, sono i valori medi, spesso le temperature si differenziano molto di più.

Proprio l'escursione termica è responsabile della mancanza di vegetazione, in quanto le piante, che pure riescono ad adattarsi ai forti sbalzi termici tra estate e inverno, abbassando la loro temperatura tramite delle grandi foglie, che permettono una notevole evaporazione nelle stagioni calde, mentre durante il periodo freddo fanno cadere le foglie e rimangono in una situazione simile al letargo di alcune specie animali, nulla possono nel deserto, dove le forti escursioni termiche avvengono nell’arco di una giornata e questo procedimento non può essere realizzato in così breve tempo.

Nel deserto quindi, per avere qualche tipo di coltivazione, si dovrebbe ricorrere a delle “serre”, che renderebbero meno variabili le temperature. Questa particolarità fisica e meteorologica è descritta nel romanzo “La danza dello sciamano”, ambientato in una zona di deserto dove è presente un lago, lo Chott el Jerid, che in estate è sempre asciutto, mentre in inverno, a volte si riempie con un po’ di acqua piovana nella sua parte centrale.


Nel racconto si fa l’ipotesi di riempire artificialmente il lago con acqua di mare, in modo da aumentare l’umidità relativa nella parte meridionale della Tunisia e quindi incrementare le piogge. Inoltre, visto che le temperature del suolo sono molto elevate, si ipotizza la costruzione di dissalatori ad energia solare che rendano l’acqua del mare adatta all’irrigazione delle. Naturalmente il progetto è di fantasia, ma alcuni elementi potrebbero risultare effettivamente applicabili. Chissà, se un giorno in quella zona sorgeranno effettivamente dei progetti di agricoltura assistita, si potrà parlare di “La danza dello sciamano” come di Giulio Verne e del suo “Ventimila leghe sotto i mari”!

Lo spirito del VERISMO INTERATTIVO  è quello di inserire, all’interno di un romanzo, degli argomenti scientifici e di attualità, che possono essere approfonditi con dei commenti. Nel libro “La danza dello sciamano”, oltre ad una storia d’amore e di avventura, parlo anche di quella che è stata la mia materia di lavoro per 35 anni: la meteorologia! Chi volesse seguire i miei libri e i miei articoli, può vedere il sito  http://www.alfiogiuffrida.com/ .

Riportiamo di seguito un brano del libro: “La mattina dopo si alzarono tardi, fecero solo una veloce colazione e si misero subito in macchina alla volta di Gabes.
All’andata imboccarono la strada verso Gafsa. Passarono in mezzo a terreni coltivati e piccoli villaggi, poi il terreno cominciò a farsi roccioso ed anche le coltivazioni sparirono.


Ad un tratto arrivarono ad un villaggio che si chiamava Wadraf e quello fu, per Alex, come la visione della terra promessa. Davanti a loro c’era una immensa distesa non coltivata, un terreno leggermente degradante verso la distesa salata dello Chott el Fejaj, così si chiamava parte più orientale dello Chott el Jerid. Era proprio quello che Alex si aspettava di vedere, il luogo adatto al suo progetto, non aveva dubbi.

Si fermarono per osservare la grande area davanti a loro e subito cercò di convincere gli altri due uomini, che vedeva increduli e dubbiosi. Mentre Laura rimase in silenzio, ma nei suoi occhi notò una luce di speranza, forse anche lei credeva già che quella terra brulla, un giorno potesse diventare un giardino ricco di alberi e di vita.
A Gabes si informarono se quella zona era libera da vincoli, quindi, nel pomeriggio, fecero ritorno a Tozeur percorrendo la strada a sud dello Chott el Fejaj.

Alex volle fermarsi e guardare all’orizzonte verso nord. Ammirando il panorama dall’altra parte del lago salato, cominciò ad immaginare le coltivazioni che ancora non c’erano, vedeva le case, le donne che si affacciavano ai balconi, i bambini che correvano, gli uomini che lavoravano la terra, vedeva il suo sogno ed era in estasi.

Guardava in silenzio quella distesa di terra e sabbia quando Claudio lo richiamò alla realtà mostrandogli con impazienza l’orologio, mentre Giuliano aveva già riacceso il motore della Jeep. Alex, voltandosi, incrociò lo sguardo di Laura, profondo ed intrigante. Quali pensieri si celavano dietro quegli occhi che lo guardavano fisso?”

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Il “Verismo Interattivo” nei libri di Alfio Giuffrida

Il “Verismo Interattivo” è un nuovo filone letterario, ideato dallo scrittore Alfio Giuffrida, in cui il lettore diventa protagonista, partecipando ai forum accesi sugli argomenti sociali o di attualità, introdotti nel romanzo, sul sito dello stesso autore  http://www.alfiogiuffrida.com/ .
Ad esempio, nel libro “Chicco e il cane”, l’autore si pone un interrogativo: i processi vanno svolti in Tv o in Tribunale? Le persone sono molto interessate ai fatti di cronaca, ma ciò è perché hanno effettivamente voglia di giustizia, oppure è solo una morbosa curiosità? Tutti siamo pronti a condannare le azioni degli altri, ma in quel momento pensiamo alle nostre azioni? Oppure, come dice il giudice nel romanzo: “Era proprio l’Ipocrisia, quella con la “I” maiuscola, che governava la Giustizia, la Politica, la Società, TUTTO!!!”?
Nel forum del sito  http://www.alfiogiuffrida.com/  questo argomento è aperto sotto forma di dibattito ed i commenti sono davvero interessanti. Il noto meteorologo Mario Giuliacci ha cercato di addolcire la “pillola” dicendo che in questo mondo molto complesso, per sopravvivere, a volte occorre “barare” un po’. Qualcun altro ha fatto notare che, nonostante la crisi che sta investendo l’Italia e il mondo intero, il sabato, se cerchiamo un ristorante, è sempre tutto pieno. E allora? È vera crisi o è solo ipocrisia?? Una signora se l’è presa con i preti, che predicano di accogliere i disperati che arrivano a Lampedusa, ma non si è mai saputo che loro hanno dato accoglienza nei numerosi conventi (molti vuoti!!!), di cui dispongono. Ma forse adesso, Papa Francesco vuole fare qualcosa in questo senso? Speriamo bene!
Analogamente, nel libro “L'anno del Niño”, l’autore ha chiamato in modo provocatorio “venditori di fumo” quei meteorologi che improvvisano delle previsioni che sicuramente fanno scena ed impressionano molto il pubblico, ma che non hanno nulla di scientifico, tipo prevedere che tempo farà il prossimo Natale quando siamo ancora ai primi di novembre. Nel forum del sito http://www.alfiogiuffrida.com/ è aperto un  dibattito sui Servizi Meteorologici presenti in Italia, nel quale vengono date delle valutazioni sulla professionalità e la serietà di ciascuno di essi.

    Per gentile concessione del Prof. Dott. Claudio PIRILLO

     


    §Uno sguardo al problema

    <<Es ist ein grober Fehler, anzunehmen, dass der Mensch seiner eigenen Seele sich bewusst waere. Im Gegenteil: nichts ist dem “normalen” Menschen so urfremd wie die eigene Seele. Sich seiner eigenen Seele bewusst zu sein, heisst: ein Halbgott sein –wenn nicht - noch mehr!>> ( Trad.:”E’ un rozzo errore, credere, che l’uomo sia cosciente della sua propria Anima. Al contrario: nulla è così originariamente estraneo all’uomo ‘normale’ come la propria Anima. Sentirsi cosciente della propria Anima, significa: essere un semi-dio, se non ancora di più!”). In tal modo Gustav Meyrink, in uno dei suoi scritti più intriganti (Das Haus des Alchimisten), apre il problema della coscienza, della quale non v’è uomo che dica di non sapere che cosa essa sia. Non solo: poiché il Meyrink scrive di “estraneità d’origine” (urfremd), si pone evidentemente anche un problema di tempi circa questa originarietà. E’ noto il motto “Fui, Sum, Ero”, che esprime il mistero di un’eternità della quale ben pochi han potuto vedere il volto, togliendo il velo che la ricopre. Oggi, la frenesia con cui ogni istante è vissuto, ha velocemente doppiato l’esistenza dell’uomo. “Tutto ha un tempo”, ma così non è per l’uomo di oggi; homo oeconomicus per il quale quel che importa è che il preteso tempo non vada sprecato, in quanto- si dice – il tempo è denaro. E’ tragicomico vedere il campo d’azione delle attività umane subire il dominio delle energie indifferenziate, delle forze vegetative e sensuali inferiori della natura. Narcisismo, danaro, crassa materialità, sono divenuti i canoni di adeguamento di questa umanità; per contro, non vi è più chi ricerchi le risposte alle reali problematiche dell’Essere. Ancor meno si registra, presentemente, alcun progresso, in relazione a detto problema, fra le scienze accademiche ed accettate, quindi in riferimento al come bisogna intendere la “evoluzione” dei singoli e dei popoli. Nei mitologhemi di tutte le tradizioni, questa età corrisponde alla profetata epoca del kali-yuga, l’età del lupo dei carmi norreni (<<non saranno mai troppi gli eroi adunati nella Wahlhalla, quando la bestia irromperà>>), l’era del ferro del mondo greco-romano. L’oro monetabile, il vino e la femmina, costituiscono il ternario sintetico che caratterizza gli obiettivi da conquistare per la presente umanità: il Piacere o godimento sensorio come unico risultato positivo da perseguire e concretizzare onde “essere qualcuno” ovvero, per sentirsi vivi! Ovviamente, tutto ciò è da realizzare prima che il medesimo tempo finisca, prima che la degenerazione trasformativa della materia consegua la sua vittoria, riorganizzando per altri fini una sostanza di cui gli accademici disconoscono la spiritualità ed i preti mestieranti credono essere diabolica. Ma ciò conduce ad esperire la vita quotidiana proprio in virtù dello stereotipo modello d’oltreoceano, secondo cui tempo è uguale a denaro. In fondo, è il mito trionfante e plebeo della formica lavoratrice la quale si arroga un diritto che non le compete: giudicare la cicala, l’aristocratica cicala la quale, per evoluzione di perfettibilità, ha compreso l’elemento essenziale della ricerca interiore: la glorificazione della Natura col suo canto poetico, la scientifica certezza nella Divina Provvidenza (pro-videntia, pronoìa). Invero, la cicala canta la libertà del suo essere unitario, libertà olimpica priva dei vincoli necessitanti, oltre la sua stessa esistenza. V’è mai stato un Inizio del Tempo e dell’Essere? O un (a) Fine?
    Wir gewaehren uns noch ein Zitat. Also: <<Ist der Ur-knall Ausdruck einer Selbst-organisation, die Evolution ein Term Auto-kybernetik der Materie, Auto-kybernetyk der biologischen Entitaeten? Der springende Punkt, der in die Aporie fuehrt, ist dann dieses «Selbst» und heisst griechisch gedacht «Auto!» Fuer uns eine Maschine, eine Sache also, vielleicht ein Wunderding, ein «intelligentes Produkt», fuer die Griechen meint «auto» etwas vom Personalpronomen, ist also eine, um im Paradox zu reden, «personale Kategorie», wobei die Personalien jede Kategorie trans-zendieren, weil sie Existenzialien sind, bereits etwas Trans-kategoriales, , Hyper-kategoriales zur Aussage bringen als Aussageweisen,was Kategorien eben sind. Ein Auto als Fahrzeug ist ontisch nur «auto», ontologisch nicht,weil es kein Selbst-verstaendnis hat, sich nicht transzendiert. Projektion von mir selbst in das All, an den Anfang des Alls und Universums? Wie «selbst-bewusst» ist der Ur-knall? Wessen «Selbst» steuert die Auto-kybernetik der Evolution, das «Selbst» der Materie ein Anthropo-morphismus? Oder doch das «Selbst» eines hoeheren Intellekts, verschieden von der Materie «selber». Sokrates kaeme an kein Ende mit diesen modernen Sophisten, und Platon haette genug Stoff fuer weitere spannende Dialoge. Am Ende stuende bestimmt wieder der Schierlingsbecher fuer Sokrates oder der feurige Schlund des Aetna wie fuer Empedokles. Die onto-logische Reflexion von «auto-selbst-auto-matisch» ist unerlaesslich, das sind naemlich die stillschweigenden Voraussetzungen heutiger Kosmologen im allgemeinen, Physiker und Bio-logen im besonderen.Ausserdem kann keine Logie ihren eigenen Logos von der Sache oder der Formalobjekt her begruenden. Darin liegt die europaeische Krise, die aber schon siebzig Jahre alt ist. Husserls Krisisschrift! Ist die Konsequenz daraus dann nicht der atomare Endknall?>> (so schreibt Josef Benedikt Streibl, in <<Vom Ur-knall zum End-knall? Unzeitgemaesse Betrachtung eines Philosophen ueber einen Kardinal und eine aktuelle Debatte>> [trad.: La manifestazione della esplosione primordiale è una organizzazione dell’ IO? L’evoluzione (è) un termine per l’auto-cibernetica della materia, auto-cibernetica di Entità biologiche? Il punto saliente, che conduce all’Aporìa, è dunque questo IO e chiamato, nel concetto greco, AUTO! Per noi una macchina, una questione [causa] anche, forse un portento, un prodotto intelligente, per la grecità auto afferisce non solo al pronome personale, è anche - per parlare in termini di paradosso- categoria personale in cui dati personali trascendono ogni categoria, perché sono dati esistenziali, suscettibili alcuni [di definirsi] come elementi categorici trascendenti, ipercategorie [che] portano ad Affermazioni come Modi, che -appunto- sono categorie. Un’auto come veicolo è relativo, fenomenico, NON ONTOLOGICO, perché esso non ha alcuna comprensione [cognizione] del Sé, non è capace di trascendere. Proiezione di me medesimo in questo Tutto, al Principio del Tutto e dell’Universo? L’esplosione primordiale [il Big Bang] è come IO-CONOSCIUTO? Il Sé di chi pilota l’auto-cibernetico dell’evoluzione, il Sè della Materia un Antropo-morfismo? O, dunque, l’IO di un Intelletto Superiore, diverso dal Sè della Materia. Socrate non perverrebbe ad alcuna conclusione con questi moderni sofisti e Platone avrebbe abbastanza materia per ulteriori stringenti dialoghi. Alla fine si deciderebbe ancora l’ora della tazza di cicuta per Socrate o la fiammeggiante gola dell’Etna come per Empedocle. L’ontologica riflessione su auto/IO/auto-matico è inattuale; queste sono precisamente le sottaciute ipotesi degli attuali cosmologi in generale, Fisici e Bio-logi in particolare. In ciò sta la crisi europea, ma che è già vecchia di settant’anni. Gli scritti critici di Husserl! E’ la conseguenza, da questo, non è -dunque- l’atomica deflagrazione finale?- Così scrive J.B.Streibl in: ”Dall’esplosione primordiale alla deflagrazione finale?Considerazione inattuale di un filosofo su un Cardinale d un dibattito attuale”.) Così come questa considerazione inattuale è formulata, aggiunge interrogativi ad interrogativi, in quanto nel momento in cui si tenta l’accesso al mondo dell’ “auto”, del “se stesso”, dell’ ”Io profondo”, si tenta di varcare un regno oscuro, infero (nel suo significato etimologico), dove c’è tutto il dizionario enciclopedico delle caratteristiche dell’abisso umano! Ed il passo in questo Infero non è agevole, e nemmeno a tutti consentito. Intanto si tocca la stessa problematica del PENSIERO. <<Das Sein aus der Zeit oder die Zeit aus dem Sein gedacht?>>(1), è -ancora- l’interrogativo del Professor Streibl. Dove si pone il confine fra ciò che è stato e ciò che sarà? Quel che deve essere è già stato? Meyrink sembra non aver dubbi quando si rivolge al suo lettore: << Was ich schreibe, liegt mehr als vierzig Jahre zurueck. Es handelt von einer Toten. Von einer ‘Toten’- so nehme ich an. … Fuer mich ist sie lebendig; Fast sechzig Jahre alt waere sie heute, eine alte Frau. Ist es da nicht besser, ich nehme an, sie ist gestorben? Fuer mich lebt sie: ein achtzehnjaehriges schoene Maedchen, schlank, mit lachenden goldbraunen Augen. …Immer wenn der Fruehling kommt, wird ihr Bild in mir lebendig; Fuer junge Menschen bringt er Bluetenduft, Blumen und Sehnsucht… mir bringt er ihr Bild. Sein schoenstes Bild mir altem Mann. Erinnerung!... ist kein leerer Schall; sie ist so wirklich wie ich selbst! Es ist ein troestlicher Gedanke fuer mich zu wissen: ich trage Felicitas’ Bild in mir; in jede meiner Zellen ist es eingepraegt. Es ist ein Teil von mir. … Nein es ist mehr! Wenn auch mein Leib zerfaellt, es bleibt jung. Ich glaube fest: wenn ich auch sterbe, es besteht! Erlicht die Sonne, wenn ich die Augen schliesse?!... -Stuendlich stirbt der Mensch- ist jeden Tag ein anderer: Er ist ein Toten; dennoch lebt er, weil er weiss…>> (Trad.: “Quel che io scrivo, me lo porto dietro da più di quarant’anni. Si tratta di un morto. Di un ‘morto’, così suppongo… Per me lei è vivente; oggi avrebbe quasi sessant’anni, una vecchia signora. Non è meglio, come io credo, che sia morta? Per me ella vive: una bella diciottenne, snella, con sorridenti occhi bruno-dorati. …Sempre, quando arriva la primavera, la sua immagine diventa vivente; per i giovani uomini essa porta profumo di florescenze, fiori e desiderio… a me porta la sua immagine. La sua bella immagine a me, vecchio. Il ricordo!...non è un suono vuoto; lei è reale così come io stesso! E’ un pensiero confortante per me sapere: io porto l’immagine di Felicita in me; è impressa in ognuna delle mie cellule. E’ una parte di me. …No, essa è di più! Se anche il mio corpo si sfascia, rimane giovane. Lo credo fermamente: anche se io muoio, esiste! Splende il sole, quando chiudo gli occhi?!...Di ora in ora l’uomo muore – ogni giorno è uguale ad un altro. Egli è un morto; ciò nonostante vive, perché egli sa…”).
    Ci si pongono, innanzi, interrogativi tutt’altro che peregrini, la soluzione dei quali aprirebbe la via a possibilità dalla portata impensabile. La premessa è poterne discutere con la più ampia delle aperture mentali; ammettendo, dunque, anche la possibilità del contrario rispetto a tutto quel che consideriamo accertato ed accettato dalle ricerche ordinarie. Nella Tradizione dei collegi sacerdotali della antichità egizia, pagana, nei testi classici del pitagorismo e del neoplatonismo, dal VI sec aC al periodo delle Accademie fiorentina e romana del Rinascimento italiano fino alla ripresa dell’ermetismo italico dalla fine del ‘700 ai primi anni del ‘900, v’è tutto un corpo di insegnamenti che –a nostro parere- potrebbe indirizzare la scienza contemporanea verso la giusta soluzione del problema che esaminiamo; così pure la filosofia tedesca, che da Goethe ed Hoelderlin conduce fino ad Heidegger e Gadamer, contiene non poche validissime intuizioni, avendo essa ripresa e sistemizzato la problematica in esame, con un penetrante esame dell’uomo e del tempo, attraverso il quale il superuomo del Nietzsche è davvero tale, solo quando-trascendendo integralmente la sua umanità- si libera del troppo umano per identificarsi in Dioniso, il Liberatore da tutto ciò che è peras, la comunione col quale conduce all’Assoluto, ove tempo e spazio sono il LUCUS (nel senso latino) del Dio ovvero dell’Uomo che crea il suo Dio; o in Heidegger per il quale-più che non appaia, il Da-sein ha un perfetto valore sintetico, punto di incontro realizzativo, cerniera, fra l’Alto ed il Basso, fra la Ursache ed il suo effetto relazionale. Noi ci limiteremo ad apportare il nostro modestissimo contributo alla conoscenza della problematica con una sintesi delle varie espressioni, lasciando ognuno libero di accettare o non accettare, reputandosi –per ognuno- fondamentale la libertà di decidere e di scelta (con relativa accettazione delle finalità consequenziali).Certo, presentemente, tutti parlano di stagioni, anni, mesi ed …orologi, ma non sappiamo se vi sia qualcuno che abbia, oltre ogni ragionevole dubbio (direbbe un giurista), spiegato la causa causativa di tali divisioni dell’anno: se fu per ragioni meramente economiche, di quotidiane necessità, o per computo di periodi reputati sacri, particolarmente importanti per la vita di interi popoli, che nacquero i calendari. Quale misteriosa intelligenza afferrò, col consenso dei Numi iperuranici, la legge matematica dei calendari e perché?, ed in relazione a quali vere ed ineludibili necessità?

    INTRODUZIONE  (ad Osservazioni ed Appunti sul concetto di Essere, Tempo e Humanitas)

     

    Il Numero Infinito, grandezza ineffabile ed incommensurabile di un compasso ideale, è pensabile solo in astratto; cioè nell’astrazione della mente che, nell’intuizione ermetica –vibrazione luminosa del pensiero manifesto- concepisce e percepisce la pura concezione dell’Uno Assoluto nelle sue forme fenomeniche relative, sempre suscettibili di adattamenti, per necessità gravitazionale della Intelligenza Suprema che, con Legge Unica, regge i mondi noti ed incogniti, dimorando in qualunque elemento o forma vitale, nelle combinazioni di queste, negli stati d’essere – i più diversi – della materia stessa, nelle compenetrazioni osmotiche degli elementi, nella rarefazione/condensazione della materia universa visibile ed invisibile. L’Immane Potenza dell’Universo si estende dalla pura materia ionizzata al soffio della fiamma (Spiritus), da ciò che è senza forma, estremamente rarefatto, al più elevato addensamento; dall’inerzia apparente del sasso alla intelligenza vibrante dell’uomo, capace di rapire i secreti dei cieli in pro dell’umanità sofferente. Tanto nell’alto delle orbite planetarie quanto nel basso delle espressioni minerali, vegetali ed animali, un unico principio presiede le trasformazioni fenomeniche. L’antica sapienza che voleva tutto essere numerus, pondus, mensura, intendeva che Tutto può essere conosciuto e che tutto obbedisce a quest’unica Legge di equilibrio, e riconosceva una Intelligenza ed un linguaggio negli ammassi stellari come nelle amebe, quindi in tutta l’estesissima gamma intermedia delle forme visibili e dei fenomeni naturali, che sono sempre aspetti, maschere, personalizzazioni della medesima Intelligenza e del medesimo fine dell’Universo (finalità evolutiva, secondo il peso specifico, cioè il valore, di una determinata anima vivificante una determinata forma vitale). L’uomo ordinario non conosce le sue forze se non per gli effetti vitali, fisio-biologici, di ogni giorno, tutto ignorando –al di là di più o meno profonde implicazioni psicologiche- circa la possibilità di ulteriori e non cognite modalità e potenzialità di queste stesse forze. In vero, nemmeno si sospetta-da parte delle scienze positive- la possibilità di sondare le capacità arcane dell’organismo umano, essendo -anzi- i cosiddetti fenomeni “non spiegabili scientificamente” (cioè col microscopio ed il bisturi), relegati nel campo delle patologie freniatriche o, quanto meno, trattati come semplici “alterazioni” dell’organismo psichico e neurico. La scienza sacerdotale dei nostri antichissimi avi, conosceva ed adoperava forze, elementi, principi e potenzialità non note alle plebi di ieri e di oggi, e ne celava il vero in forma di miti e simboli o monumenti e scritti di superficiale valore comune, il cui secretum il profano non poteva ri-conoscere. Il prisco sacerdozio scientifico ammette la possibilità che una appropriata palestra per l’anima e per i sensi e le forze di cui tutti dispongono – ma che solo i più evoluti mentalmente affinano- possa dinamizzare le incognite potestà dell’organismo umano, sì da renderle atte ad acuire e le capacità intelligenti, e le proprietà terapeutiche del medesimo organismo al fine di agire sul controllo delle proprie condizioni fisiche e psichiche, o di usare le stesse forze in pro dei bisognosi. Poiché è legge divina che bisogna restituire ciò che si riceve, e che tutta l’umanità debba avere il beneficio del pane quotidiano, il lenimento delle sofferenze e la partecipazione al progresso sociale: tutti…ma secondo meriti. Se l’uomo è fatto ad immagine del dio artista che lo ha plasmato, ad immagine somigliante, ne deve possedere-obliate o memori- le potestà, quanto meno in nuce. Se il Dio Sommo, Prima Virtù, è in tutte le sue creazioni, ogni forma delle quali altro non è che un aspetto particolarissimo e funzionale del Dio che gli antichissimi avi nostri raffiguravano Androgino, a sottolinearne il valore totalizzante racchiudente tutti i termini della creazione (Potenza ed Atto, Creatore e Creatura, Agente e Recipiendario etc.), l’Uomo è espressione perfetta ovvero perfettibile della stessa manifestazione divina, dovendosi intendere questa perfettibilità come percorso re-integrativo verso uno stato originario definibile come edenico, che può filosoficamente reso con l’espressione “risalire le acque del Giordano”, (reversibilità temporale), espressione che-invero- cela ben più alto e pratico mistero sacerdotale. L’intuitio intellectualis senza la quale possibilità, Hoelderlin non riteneva possibile la comprensione della Legge di necessità del morire delle forme, come perenne giovinezza della Natura che vive di se stessa, è -del pari- strumento di conoscenza ed accettazione del tempo (come sostanza della realtà –da res, cosa concreta) e del mezzo rituale che – come Ordine e Tempo Giusto - rende ragione sacra ai periodi ricorrenti e perpetui degli eventi vitali. Quando l’uomo, raggiunta una tale comprensione realizzativa, superando la sua stessa fisicità-che pure è stata, per lui, arma e campo di battaglia- perviene all’equilibrio dei suoi elementi costitutivi, egli ha raggiunto quel che i fisici chiamano “il punto di quiete”, poiché sente -nella sua interiorità- il Canto del Logos di cui è Armonia. Un tale uomo possederebbe la doppia natura di mortale ed immortale, relativo ed assoluto, poiché avrebbe realizzato la coscienza di essere Logos Incarnato, Tempo vivente in basso, Libero nella sua interiorità sfuggita alle grinfie della decomposizione (si rammenti che persino il cristianesimo ammette la “seconda morte”, che è la distruzione delle anime vissute in continue vite di malvagità ed impurità), anzi Anima potente capace di superare la gravità terrestre per ricongiungersi e riconoscersi nel dio ad essa preposto. Nell’Infinita, Incommensurabile Grandezza del Templum Divino, oscuro per il profano, luminescente lucus del Dio che pronuncia la parola fatale, colui al quale la Legge dell’Amore divino consente di pervenire alla conoscenza ed alla realizzazione si trova a vivere non più soggetto a cangiamento ed al Divenire, poiché nel Regno dell’Altissimo senza Forma (sebbene fattore di tutti i fenomeni) non vi è più sabbia del tempo che l’orma umana possa calpestare. Colà giunti, dopo avere analogicamente compreso che quod est superius sicut quod inferius est, si entra nel palazzo del presente reale che è l’Eternità Immobile da cui tutto muove ed a cui tutto, per evoluzione, deve ritornare, attraverso le ere infinite delle umanità che si sono alternate con nuove maschere e vecchie anime. Nello stato edenico dell’equilibrio degli elementi universali dell’Uno increato e creatore, sufficiente a se stesso e manifesto nella molteplicità delle forme, comprese le impercettibili del Silenzio, oscuro alle Menti dei non progrediti sulla via dell’angelicazione possibile, al centro della Croce Elementare dei cardini dell’Universo, fra il nord ed il sud, l’ovest e l’oriente del microcosmo umano, vera e propria rappresentazione dell’Universo grande; fra l’alto ed il basso dei cieli e l’orizzonte dell’umanazione, sta il centro divino onnipotente celato nella forma immaginifica del punto geometrico: simbolico quinto elemento della sublimazione, che per i cristiani è il Cristo ignoto cui tende il mistico nella lezione di Tommaso da Kempis, il Cristo da conoscere e con cui dialogare nella mente, come nell’Iter mentis in Deo di frà Bonaventura. Questo Cristo centrale, raffigura il prefato punto di quiete cui tende il moto di Forze, ed è la parziale risposta che Heidegger dà alla sua domanda, duemila anni dopo Platone riproponendo nuovamente la medesima domanda sul tempo e l’essere. Il processo palingenetico (per endogenesi omoieutica) dell’uomo che vuole superare il tempo angelicando se stesso, conduce all’abbraccio con questo Cristo, che potremmo chiamare con moltissimi altri nomi. Il teorema di Pythagora è l’esposizione geo-metrica/mate-matica rappresentativa della magia dell’umanazione, del sacrum che la presiede e della matematica sublime che la può condurre, intuito il processo, alla Integrazione trascendente (realizzazione dell’Uomo reale del pitagorismo, del Superuomo di Nietzsche): intersecando il Seyn, il Da-seyn perviene alla conoscenza dell’Assoluto se non si limita all’atteggiamento fideistico dell’attesa ovvero a considerare il Dio altro da lui, e quindi a recepire la morte come fase insuperabile, anziché come mezzo d’azione spirituale per la propria identificazione con- ed in- Dio. Dunque, il Cristo centrale, cioè centrum-spaziale interiore (punto di quiete) cui si rivolge la mente, è raffigurato nel cuore fiammeggiante dell'iconografia, che fu già simbolo egizio indicante (un glifo raffigurante un piccolo vaso con una fiamma sopra) la Vita della vita, e non solo il muscolo cardiaco! Matematicamente è il medio della somma sofica dei termini della piccola tetrade pitagorica. Ma il teorema di Pitagora è anche alla base sia della relatività galileiana, che delle intuizioni di Newton e del calcolo differenziale assoluto dell’italiano Ricci Curbastro, senza il quale Einstein non avrebbe mai potuto dimostrare la relatività generale. Questo lo affermiamo perché un domani, chi potrà e dovrà, dirà la parola di verità sull'unità di tutte le forze in Natura, e sulla legge che regge la generazione degli esseri, come sul principio fisico-mercuriale che è a fondamento delle manifestazioni della fisica universale: legge e principio racchiusi in una formula matematica, geometricamente esposta dal genio della Schola pythagorica Italica sedente sulle rive dello Jonio krotoniate. Alle illustri menti scientifiche tese alla conoscenza applicativa delle forze dello Spirito, ai sacerdoti, profondi nella conoscenza della fisica della natura in cui lo Spirito di Dio agisce, sarà commesso-un domani- di insegnare nelle università dello Stato le Leggi dell’Eternità, affinché più celere possa venire il momento in cui l’uomo torni a parlare con Dio, con il suo Dio. L’uomo imparerà come si muoia, vivendo giorno per giorno, e come si vive –allorché il corpo si sfasci per l’azione dissolvitrice/ricostruttrice della vergine dalle vuote occhiaie. Padre Saturno, Kronos dell’eterno fluire e dell’eterno ritorno, sarà compreso nel suo essere favolistico, e se ne conoscerà la terrificante Potenza… . Il problema dell’Umanità, dell’Essere, del Tempo, è il problema della conoscenza del Divino in noi e nell’Universo. Tat twam asi, dice la saggezza Indo-aria della civiltà che ha costruito i templi indiani e tibetani: Tu sei quello, cioè devi identificarti con l’universo, se vuoi comprenderlo. A Roma, l’Iniziato era originariamente noto come Quirite, ad identificazione con il Padre Romolo, divinizzato dalla folgore di Juppiter; solo successivamente il titolo di Quirite indicò il comune civis. Poiché a noi preme affrontare la tematica in oggetto da un punto di vista quanto più vasto possibile, e non tanto in modo “accademico”, prospetteremo possibilità che esulino da ordinarie concezioni teologiche o filosofiche o storiche, tendendo a far trapelare il dato che non vi sarà mai nessun vero progresso scientifico, fino a quando la Scienza non riacquisterà il suo carattere sacerdotale sapienziale, e non vi sarà mai una vera spiritualità fino a che questa non sarà scientifica, cioè dimostrabile con opportune esposizioni ed affrontabile da chiunque volontariamente ne accetti i postulati. Tutto ciò, secondo noi, è ancora una stanza chiusa: tenteremo di aprire la porta con la chiave del linguaggio del Semplice Unitario.
    Claudio Pirillo
     

    Per gentile concessione dello scrittore Domenico DI MAURO

    brano tratto dal libro "L'ODIO nel SANGUE" edito da: Società Editrice MONTECOVELLO - presso le migliori librerie

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    L ' ODIO NEL SANGUE


    “Un commissario di polizia romano viene chiamato a Venezia per indagare su un omicidio. Dal suo arrivo nella città ha inizio una serie di morti che sembra non voler finire. Attraversando mille difficoltà si avvicina alla verità, ma quando tutto appare scontato, tutto ritorna in discussione. Dovrà arrivare fino a Galveston per trovare le sue risposte e capire perché anche i morti possono far male se l’odio li riporta in vita”.


    io sono un airone io sono un airone
    lo grido fiero ora che sto volando
    sono un airone senza dove ne'quando
    sono un airone con le piume al vento
    non chiedo nulla se non fine al tormento. . .
    L'odio nel sangue


    "Tante cose ho imparato da voi uomini
    ho imparato che tutto il mondo vuole
    vivere in cima alla montagna, senza sapere
    che la vera felicità è nella maniera di salire la scarpata.
    Ho imparato che quando un neonato prende
    col suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito
    di suo padre, l'ha afferrato per sempre.
    Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare
    un altro uomo dall'alto soltanto quando deve aiutarlo
    a rialzarsi. Sono tante le cose che ho imparato da voi, anche se più
    di tanto non mi serviranno, perchè quando leggerete questa lettera,
    io starò morendo, infelicemente".


    GABRIEL GARCIA MARQUEZ

     


    L'ULTIMA OMBRA. . .


    C’era polvere e silenzio, una luce tenue non riusciva ad illuminare la stanza. Ero solo e non distinguevo la figura sopra di me.
    Sembrava possente, sovrastava la mia piccola ombra e mi guardava con disprezzo. Chiudevo gli occhi ma riuscivo ancora a vederlo su di me. La bocca era impastata, non riusciva a tradurre ciò che la mente creava.
    Ora mi stava sollevando e con la sua forza mi spostava facendomi vagare tra carcasse di creature immobili e informi. Il terrore scorreva dentro di me, era gelido come un iceberg.
    Pensavo a cosa nella mia vita avessi fatto per meritare l’inferno.
    Sentivo freddo, il mio corpo era un tremore inarrestabile, con le mani cercavo il mio viso, ma stringevo aria.
    Era il trapasso nel mondo dei morti.
    Pensavo che si combatte una vita intera per una causa giusta e questa è la destinazione finale.
    Ora mi stava guardando più da vicino, sentivo il suo respiro affannato, i suoi occhi ingordi mi fissavano, ora la sua preda gli era in pugno e non poteva più fuggire.
    Le forze mi stavano abbandonando definitivamente, volevo arrendermi, chiudere gli occhi e non riaprirli più, volevo che il buio più profondo mi inghiottisse per non provare quel dolore inaudito.
    Stavo morendo per la seconda volta ed ero contento. . .
    Ero sopravvissuto alla mia vendetta e mi stavo inchinando al mio odio.

     


    PRIMA GIOSTRA

     


    Il viaggio in treno era stato piuttosto agitato, nonostante la cuccetta fosse molto comoda e la pulizia ottima, la temperatura interna era fastidiosa, non eravamo che a novembre e anche fuori il clima non era rigido quindi era piuttosto inutile quell'aria calda sparata a mille e naturalmente la manopola per regolarla non funzionava!! L'ispettore Paolo Molinari era steso nella sua cuccetta prenotata nel tardo pomeriggio diretto verso Venezia, lo sguardo posato sulla tenda che chiude il vetro impedendo alle luci delle stazioni di penetrare all'interno ed era assorto in mille pensieri. Fu molto contento di vedere che il posto sopra di lui non era stato occupato, non aveva nessuna voglia di rapportarsi col mondo, gli bastavano i suoi pensieri. . . Non aveva messo molto nella sua borsa da palestra, un paio di jeans due camicie, due maglioncini a collo alto (i suoi preferiti), un giubbino di pelle e il necessario per radersi. In una tracolla invece portava un netbook Asus che aveva appena acceso per rivedere i file arrivati nel pomeriggio e naturalmente la sua pistola, una Beretta Px4 Storm, una calibro nove semiautomatica molto maneggevole e molto precisa. Paolo Molinari non era un fanatico di armi, anzi cercava di usarle il meno possibile e a differenza di molti suoi colleghi non ne possedeva una collezione. Aveva scelto quell'arma per la maneggevolezza che l'aveva colpito fin dall'inizio e per la precisione che riscontrava quando si recava al poligono di tiro. In più le ridotte superfici d'attrito sulla canna e sull'otturatore garantivano un ottimo funzionamento anche in condizioni climatiche molto avverse.
    E pensare che la giornata a Roma era cominciata bene, il clima non era ancora neanche autunnale e più che una giornata di novembre sembrava di essere ai primi di settembre, la gente girava ancora in camicia e solo la sera era necessario un maglione, ma più per l'umidità. Erano già passati vent'anni dal suo ingresso in polizia e di strada ne aveva fatta pensò soddisfatto sorseggiando un caffè caldo e molto ristretto come piaceva a lui. Aveva risolto molti casi di omicidio collaborando anche a livello internazionale, il suo istinto e la sua competenza erano molto ricercati, peccato che lo stesso istinto non lo aveva avuto con le donne!!, sorrise a quel pensiero e guardandosi allo specchio si aggiustò i capelli brizzolati che gli regalavano un irresistibile fascino specie con le donne più giovani. Era alto un metro e ottanta, allenato da un po' di body building che per la sua pigrizia praticava a periodi alterni, aveva tuttavia la fortuna di una buona struttura muscolare ben sviluppata e nonostante fosse golosissimo di dolci un metabolismo che bruciava con una rapidità mostruosa, il suo peso era lo stesso da almeno sette anni e malgrado nei periodi di stress abusasse di ogni cosa contenesse zucchero la bilancia indicava sempre 70!! Era molto compiaciuto di se, si piaceva anche se amava inveirsi contro in una sorta di rapporto perverso con il proprio essere e c'erano dei giorni in cui le sue ossessioni lo portavano a trasformarsi in una persona distruttiva e autolesionista al punto da farlo isolare dal mondo, in quei giorni esisteva per lui solo il lavoro, in quei giorni tirava fuori il meglio del suo istinto da sbirro, la sua mente diveniva un ingranaggio perfetto e infallibile. Alle undici aveva appuntamento con la sua analista che ormai lo seguiva da anni, e che si era rivelata importantissima dopo il grave incidente avuto inseguendo due albanesi accusati di aver ucciso due prostitute. Non era stato facile riprendersi, anche a distanza di mesi il ricordo riaffiorava quasi ogni notte e ogni notte si apriva una ferita che forse non si sarebbe mai cicatrizzata. In quei trequarti d'ora riusciva a vomitare fuori tutte le sue paure legate ad un infanzia troppo soffocata da un rapporto materno che ancora oggi non riesce a recidere del tutto. Lo studio non era molto distante da casa sua, circa due isolati, la zona era via dei Colli Albani e preferiva arrivarci a piedi evitando lo stress da parcheggio. Lui abitava in una traversa della via Appia, in una stradina poco luminosa ad angolo con una pasticceria, via Turno, erano molti anni che lui e la madre vivevano li e tutto sommato era un posto piuttosto tranquillo con la comodità di aver a due passi la metropolitana e il capolinea degli autobus.


    “IL MIO ODIO SARA' LA TUA OMBRA” firmato Lino Mira.


    Il messaggio era stato scritto sulla parete di una camera ed in terra giaceva un uomo col viso coperto da un giornale e circondato da una pozza di sangue col quale molto probabilmente era stato scritto quel delirio.
    Sobbalzò nel rileggere col pensiero quella frase, il treno aveva lasciato la stazione di Roma tiburtina diretto a Venezia e quelle parole mettevano inquietudine anche a chi come lui era abituato a vivere col crimine, anche con quello più efferato, ma stavolta il suo istinto aveva attivato tutte le sue difese, fissava il foglio con il messaggio scritto e non riusciva a dare logica ad uno squilibrato, un'altro dei tanti in preda ad un delirio d'onnipotenza, pensò.
    Intanto a Venezia non era stato rinvenuto nessun corpo né era stata denunciata la scomparsa di qualcuno, quindi molto probabilmente poteva anche trattarsi di una macabra messa in scena che però aveva allarmato molto i suoi colleghi veneti che avevano subito girato una mail al suo commissariato chiedendo la sua collaborazione.
    Aveva accettato di buon grado anche perchè aveva bisogno di allontanarsi da Roma, la fine della sua relazione con una brillante avvocatessa romana non era stata immune da contraccolpi, erano giorni che si sentiva depresso e dopo tutto non c'era niente di meglio di una botta di adrenalina che scacciasse i suoi demoni interiori e occupasse la sua mente tenendo lontane le peggiori ossessioni che la fine di quel rapporto avevano scatenato.
    Era caldo nello scompartimento e anche la camicia era un ostacolo, se la tolse sistemandola su una delle stampelle presenti e si rinfrescò con un po' di acqua passata sulle mani e sulla fronte.
    Tolse la pistola da dietro la schiena e allentò la cinta dei jeans , ora si sentiva più a suo agio, l'arrivo a Venezia era previsto per le cinque e dodici del giorno seguente e vista la sua idiosincrasia per gli aerei, una vera fobia che gli generava panico, il rumore costante del treno gli metteva addosso un senso di tranquillità che lo rassicurava.
    Stava aprendo i file per visionare le altre foto quando una sensazione di vomito e una sudorazione intensa gli attraversò lo stomaco, ora avvertiva dei brividi di freddo e. . . non era possibile, doveva essere una sua ossessione, non poteva essere, ricercò tra le varie carte sparse sulla sua cuccetta quel maledetto foglio stampato il pomeriggio e lo fissò con terrore.
    I battiti del cuore stavano accelerando vistosamente e una sensazione già conosciuta di panico stava invadendo il suo io.
    Frugò con la mano nella borsa continuando a fissare quel messaggio, cercò in maniera spasmodica qualcosa che sperava tanto non aver dimenticato e quando con la mano sentì il contatto con il vetro si rassicurò. Tirò fuori dalla borsa una piccola boccetta di gocce, xanax, dieci gocce per tranquillizzarsi, sapeva che era solo un effetto placebo ma ne aveva bisogno, in quel momento più che mai, se quello che stava pensando avesse trovato riscontri nella realtà tutto acquistava un senso diverso. Non era più una macabra messa in scena di uno squilibrato, il morto esisteva davvero in qualche parte della città, non era una sfida alla polizia, era rivolta a lui. Paolo Molinari, Lino Mira, anagrammato viene fuori MOLINARI!!. Anche se impegnato in altre cose il suo istinto aveva fissato nella mente quel messaggio vocale per vocale, consonante per consonante, aveva focalizzato l'attenzione su quella firma e aveva fatto lavorare la sua testa su quel particolare. fu una doccia gelata, aveva bisogno di scaricarsi, doveva camminare, prese la camicia e la beretta, e senza neanche chiudere i bottoni uscì nel corridoio dove la temperatura era sicuramente più accettabile. Il suo Nokia non aveva campo e lui aveva disperatamente bisogno di parlare con qualcuno.
    Camminò su e giù per il vagone provocando anche qualche battuta dell'addetto alle cuccette, ma aveva ben altro a cui pensare, sapeva di avere un aspetto trascurato ed in più l'attacco di panico gli lasciava addosso sempre una maschera di paura, ma non era importante, non poteva essere così , no, forse era solo una fatalità, chi poteva uccidere solo per sfidarlo, e poi a Venezia, non c'era logica. Non avrebbe potuto sapere che avrebbero chiamato lui per collaborare, no, cercò di ripetere tra se per tranquillizzarsi, forse ho esagerato, le mie ossessioni aumentano.
    Ma dal suo istinto sapeva di non poter fuggire, era proprio così . In tutto quell'inferno di pensieri il treno rallentò fino a fermarsi, probabilmente a Firenze e nello stesso momento il suono di un sms ricevuto lo riportò alla realtà. Aveva qualche minuto per telefonare e anche se l'ora era tarda sapeva con chi parlare. Fece il numero e dopo tre squilli una voce insonnolita rispose. ”Paolo, che cazzo vuoi a quest'ora, non sei sul treno?, non dirmi che hai un altro attacco di panico?, sai che dopo passa, tira un respiro profondo e mettiti a dormire, ci sentiamo domani”. ”Franco mi sta sfidando, è me che vuole colpire”.
    “Chi ti sta sfidando, chi ti vuole colpire, non capisco cosa stai dicendo”, pensaci bene, rileggi la firma, Mira Lino, cazzo anagrammalo e viene fuori Molinari, Cristo. Ci fu un momento di silenzio interrotto dal rumore di un accendino. "Calmati e fammi capire, cazzo ci mancava anche l'anagramma adesso, ma sei sicuro?, pronto, pronto mi senti ? ” La conversazione si era interrotta, probabilmente il treno si era rimesso in viaggio. Franco Bracci era il superiore oltre che grande amico di Paolo ed era a conoscenza di tutti i suoi problemi ma sapeva anche che in trent'anni di lavoro non aveva mai avuto a disposizione una mente brillante e infallibile come la sua. Lo aveva difeso mille volte per i suoi atteggiamenti poco disciplinati, per il suo non saper accettare le regole, sapeva che era un cane sciolto, ma sapeva anche che era il miglior poliziotto in circolazione in casi come quelli. Aveva una percentuale di casi risolti impressionante, spesso anche l'intelligence di altre nazioni si era rivolta a loro per delle consulenze e tutto sommato se ora occupava quel posto di prestigio il merito era soprattutto di quell'uomo dall'aria smarrita e confusa ma in possesso di una mente straordinaria.
    ”Sarebbe stato un serial killer perfetto” pensò parlando a se stesso finendo di fumare la sigaretta e abbozzando un mezzo sorriso.
    Passata la sensazione di panico e di angoscia l'ispettore aprì la porta del suo scompartimento e si sdraiò nella sua cuccetta lo sguardo fisso sullo specchio sopra di se, i pensieri fermi e il ritmo lento e costante del treno lo catapultarono in una dimensione surreale dove il sonno e la veglia si alternavano come uno spasmodico balletto.

     


    Il campanello suonò e per Nicola Pillon, un facoltoso antiquario di Venezia, non che pittore molto stimato, si preannunciava una serata da fuochi d'artificio come quelle che spesso si regalava invitando nella sua ricca dimora uno dei tanti giovani disposti al sesso mercenario conosciuti in chat. Il Pillon era gay e non faceva nulla per nascondere le proprie preferenze per ragazzi giovanissimi e molto dotati fisicamente ai quali non lesinava laute ricompense o regalini importanti per le loro prestazioni. Quella sera l'aveva aspettata da due settimane, finalmente la sua domestica si era assentata per due giorni di vacanza e sarebbe rientrata solo l'indomani mattina, e la casa e le sue perversioni erano finalmente a sua disposizione. Come tutte le sere prima di ogni appuntamento non aveva trascurato nessun dettaglio nel curare la sua presenza, il pomeriggio era passato al solarium per un bagno di sole artificiale completo, tornato a casa si era rasato con cura, aveva passato il rasoio Braun sulla testa rasata e ora lucida e nonostante avesse qualche chilo di troppo poteva considerarsi soddisfatto del suo aspetto. L'aspettava proprio una bella serata. . .
    Il campanello suonò la seconda volta e l'anima eccitata del proprietario di casa si affrettò ad aprire la porta all'ennesimo sconosciuto. . . . . Non ebbe neanche il tempo di restare sorpreso, la persona che aveva davanti non era la stessa che in chat si era descritta come Marco, 25 anni, fisico atletico e ben disposto. Davanti a se aveva un uomo sulla quarantina con in mano una bella pistola puntata e un ghigno beffardo.
    “Cosa diavolo. . . , ” l'uomo armato premette la canna della pistola sul suo petto e lo invitò ad entrare in casa, dovevano esser quasi le otto di sera e fuori era una serata molto tranquilla, nessuno avrebbe fatto caso a quella visita.
    Entrati, e richiusa la porta, l'uomo allontanò con una spinta il padrone di casa e lo fece sedere sul lussuoso divano in pelle. Era molto silenzioso e questo spaventò ancora di più il ricco antiquario.
    “Prenda quello che vuole, ho dei soldi in cassaforte, le chiavi della macchina poi non sò, mi dica, tutto quello che possiedo può essere suo, mi chieda e . . . ma non mi faccia del male “. La paura lo faceva parlare a singhiozzo, la sua era un implorazione totale, avrebbe dato tutto pur di porre fine a quello che invece era appena l'inizio. Lo sguardo dell'uomo cercò con una panoramica all'interno della casa qualche eventuale motivo di preoccupazione ma si accorse ben presto che quello era proprio il luogo ideale per compiere ciò che doveva e che il suo io voleva profondamente. Non diede nessuna importanza alle offerte generose che aumentavano man mano che i minuti passavano, continuava ad esplorare con lo sguardo la casa e teneva fissa la pistola sul suo ostaggio. Nicola Pillon stava vivendo un incubo, giurava a se stesso che mai più avrebbe incontrato sconosciuti, mai più avrebbe preso parte ad una chat, mai più. . . . Lo sguardo privo di ogni emozione del suo carceriere aumentava il suo stato di terrore, sembrava come assente da quella realtà, ora si stava avvicinando al telefono fisso e con una grazia innata staccò la cornetta e la depose sul mobile sottostante, chiuse la grande tenda bianca che andava a nascondere uno scorcio di laguna che avrebbe fatto brillare gli occhi a chiunque avesse avuto la fortuna di poterla ammirare ad ogni risveglio. Finalmente ora l'uomo sembrò interessarsi al suo ostaggio, gli si avvicinò e si accomodò sull'elegante divano vicino a lui. Lo fissò negli occhi e con una voce decisa e suadente gli disse:"signor Pillon queste sono le sue ultime ore di vita terrena se ha qualcosa di cui confessare può inginocchiarsi e pregare, qualcuno lassù ascolterà e forse riuscirà a perdonare tutti i suoi peccati, le sue ignobili perversioni, chieda perdono finchè ha tempo”.
    “Ma io conosco questa voce, è una voce di una persona che un tempo mi era amica, cos’hai fatto al tuo viso, lo hai cambiato, ma non puoi cambiare l’espressione dei tuoi occhi, io ti conosco non può esser vero quello che dici”.
    Era tutto terribilmente vero, dallo sguardo e dalla pacatezza con cui aveva proferito quelle parole capì che stava per morire. Si lasciò scivolare dal divano fino a sfiorare col viso le scarpe del suo assassino. ”La prego, la imploro, mi chieda qualsiasi cosa ma non mi uccida, mi vergogno di quello che ho fatto è vero ho dato spazio alle mie perversioni ma non ho mai obbligato nessuno, non sono mai stato con minorenni, l'ho fatto per piacere, per puro piacere ed ho sempre lautamente pagato i miei compagni”, ora l'uomo che continuava a non esser interessato a nessuna delle parole che ascoltava cambiò bruscamente espressione, un pallore quasi spettrale si impossessò del suo viso, si alzò, prese il suo ostaggio per la mano e lo accomodò su una sedia difronte al divano, tirò fuori dal suo zainetto del nastro adesivo e con molta cura lo passò intorno alle caviglie e poi assicurò i polsi alla sedia, un pezzo per la bocca e con la stessa cura rimise tutto nello zaino aggiungendovi anche la pistola. Non gli avrebbe sparato. Una smorfia di disgusto si dipinse sul suo volto quando notò che la sua vittima aveva orinato, il panico e la paura l'avevano fatto orinare. ”sei stato uno schifoso in vita e non hai dignità neanche nell'ora della morte”. Il silenzio echeggiò della stanza , come in un rituale già praticato l'assassino spense la luce, estrasse un coltello dallo zaino e dopo aver fissato negli occhi la sua vittima si inginocchiò, fissò l'arma e accostando le mani pregò. Durò un attimo, ci fu un movimento repentino, andò dietro l'uomo legato e muovendosi come un artista gli recise l'aorta . Riaccese la luce, prese una macchina digitale dal giubbotto e scattò alcune foto, poi si avvicinò alla parete ed in preda ad un raptus firmò il suo lavoro.
    E' SOLO L'INIZIO.

    Bianca Maria Bosio

    Soprano RAI di Torino

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    FOTO  di  REPERTORIO

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    Antonella Lauria - Pittrice

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